Il cammino e le aspettative

Sapete cos’è la “patologia da Natale”? Da molti anni entro nelle case di tante famiglie, per il mio lavoro di medico, il giorno di Natale. Non è affatto infrequente venga chiamato per occuparmi dei più svariati sintomi psicosomatici. Bastano poche domande per capire che si è trattato di tensioni scaturite dal fatidico giorno festivo. Di fronte alle aspettative più mirabolanti, di serenità o doni o quant’altro, la realtà vera ha portato delusioni e arrabbiature, causa che sottostà ai malesseri che vanno a guastare l’attesa di un clima che “doveva” essere idilliaco.
In tanti campi della nostra vita viene riproposto questo meccanismo.
La pubblicità è l’anima del commercio e, siccome siamo la civiltà del consumismo, tutto viene promesso come portatore di sicura felicità. Basta comprare. La merce è caricata di un sovrappiù affettivo che, alla inevitabile resa dei conti, darà immancabile frustrazione.
I politici conoscono bene l’arte del vendere fumo, facendo leva sul nostro profondo bisogno di affidarci a qualcuno, un qualcuno così abile nel farci sognare ad occhi aperti. La speranza non costa niente, è vero. Ma lo smacco del verificare a posteriori che si è trattato di vuote parole danneggia via via il nostro credere possibile ogni cambiamento. E ci adagiamo sui riti che periodicamente, e stancamente, costellano i nostri anni. Riti millantati, ma ormai svuotati di ogni potere salvifico. Se pensiamo che c’è chi ancora ci sa vendere il Paradiso post mortem…
L’adulto è tale perché sa chi è, di conseguenza sa cosa vuole, di conseguenza sa come ottenerlo. Opera ad un lavoro quotidiano e verifica se le sue idee hanno o meno portato a dei risultati. La nostra società mercificata ci ha invece intenzionalmente educati a restare bambini.
Coltivando l’onnipotenza dell’io voglio, del tutto facile e a portata di mano, basta entrare in un negozio o fare un clic su una tastiera. Quanti adulti-bambini vediamo attorno a noi, o meglio, quante volte noi stessi ci comportiamo arrendevolmente in modo infantile? Tante, a giudicare da come il mondo, nel suo complesso, non va affatto bene.

Il cammino e le aspettative.

Cari compagni di cammino, che cosa augurarci per queste festività che guardano al prossimo anno?
Una giusta dose di pessimismo e ottimismo? Già, sarebbe bello avere una bacchetta magica che ci trasforma tutti in adulti consapevoli, felici perché sanno dare gambe alle proprie aspettative.
Gambe? Piedi? Ma è l’arte di cui siamo esperti noi camminatori!
Ecco, allora, sarebbe bello e utile usassimo nel nostro stare-al-mondo ciò che apprendiamo di continuo camminando.
Sono i piccoli passi che portano lontano. Lì l’equilibrio è garantito dall’impossibilità fisica di fare il passo più lungo della gamba. Ci vuole pazienza nel camminare. Imparando a dosare le energie. Stando coi piedi per terra, che vuol dire un continuo e costruttivo interloquire fra il nostro voler raggiungere la meta e l’elasticità di adattarsi a tutti gli inconvenienti del percorso.

Auguro a tutti noi di aspettarci il meglio dalla vita, di essere pieni di entusiasmo e voglia di trasformare con creatività tutte le cose che non vanno. Auguro progettualità, insomma.
Ma auguro anche di saper dosare le forze, di saperci fermare, di riposare quando siamo stanchi.
Auguro la saggezza dell’ambivalenza, in cui l’andare e lo stare sono due facce della stessa medaglia.
Auguro l’amore, non quello idealizzato, ma quello che sa che la ricchezza viene dall’accettare conflitti e contraddizioni.
Non avremo un mondo perfetto a nostra disposizione, ma sicuramente una strada davanti a noi che, se vogliamo, possiamo con coraggio camminare.

Guido Ulula alla Luna

25 dicembre 2014