Riflessioni
Che bello potercela fare da soli!
Contare sulle proprie forze.
L’indipendenza.
Il mito dell’indipendenza.
Siamo stati la civiltà dell’individualismo.
Teorizzandolo.
Pubblicizzandolo.
Svalorizzando ogni debolezza o dipendenza.
Il nemico era il "comunismo".
Ancor prima di una teoria economica o politica,
si è odiata l’idea stessa di dover mettere in comune.
La mia auto. La mia casa. La mia famiglia.
Il non farcela da soli come sinonimo di fallimento.
Chiedere aiuto? Una vera umiliazione.
Giusto i pochi cattolici non ipocriti e qualche sparuto utopista
si sottraeva a questo diktat identitario della società dei consumi.
Ma ora c’è la crisi.
Non è più una previsione dei soliti catastrofisti.
Un minaccioso presagio, a cui, per sottrarsi,
basta nascondere per un po’ la testa sotto la sabbia.
"La bufera passerà, basta pazientare. Poi la crescita riprenderà."
"Il progresso non può fermarsi. Il benessere raggiunto può solo migliorare."
Pare non sia così.
Ci stiamo accorgendo che non è così
Il petrolio, simbolo supremo, comincia a scarseggiare.
Per tanti il lavoro è un miraggio.
Altri l’hanno perso o temono di perderlo.
Il dio denaro non si moltiplica più come desidereremmo.
L’ambiente osa ribellarsi al nostro sfruttamento.
Non ci sono ricette ottimistiche.
Si parla solo di sacrifici.
Non ci sono analisi chiare dei perché,
quindi non si intravedono facili strategie per uscirne.
La crisi va accettata. Va compresa a fondo.
Dovremo metterci tempo e fatica.
Perché è la crisi stessa del nostro modello di sviluppo,
dei nostri paradigmi culturali di riferimento.
Quelli che ci hanno dato le incrollabili certezze.
Dichiarare la crisi è il primo vero passo per uscirne.
Per prepararsi al cambiamento.
Necessario, non più eludibile, vero.
Il mondo nuovo non sarà più quello che conosciamo.
Affrontare il diverso ci spaventa.
Ma non possiamo fare altrimenti.
O guardiamo con occhi nuovi al futuro o,
arroccandoci nel passato, non faremo che prolungare l’agonia.
Abbiamo bisogno di coraggio e curiosità per iniziare nuovi percorsi.
Il problema principale è uscire da sfiducia e rassegnazione.
Ma specialmente dall’isolamento.
Il sentirci soli ci convince dell’inutilità dei nostri sforzi.
Speriamo forse ci sia qualcuno con la bacchetta magica
che miracolosamente ci levi le castagne dal fuoco?
Ma nessuno sa con chiarezza che fare.
Abbiamo ancora dubbi al riguardo?
La parte più sana del nostro essere mammiferi si basa sulla capacità empatica.
Metterci nei panni dell’altro è il presupposto per riaprirci alla fiducia reciproca.
Per immaginare un nuovo stile di vita serve lo sforzo di tante menti.
Per poter resistere all’emergere di disagi materiali finora imprevedibili,
occorre ripensare a concrete modalità solidaristiche.
Che noi lo vogliamo o no,
rendiamoci conto con urgenza
che per non cadere in disperazione
ed ipotizzare una via d’uscita innovativa alla crisi,
dobbiamo tornare a credere nell’utilità di
collaborare.
Guido Ulula alla Luna