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Riflessioni

Il cammino è moda ?

Contributo al Festival della Viandanza di Monteriggioni.

Di sicuro è di moda parlarne. Poi, nel merito, sappiamo che ogni fenomeno è complesso. E che la chiave di lettura non è mai univoca.
Dei tanti modi possibili di camminare, vorrei riflettere su due.
Ricordando che tutto ciò che è fatto con piacere va comunque bene.

Mi rifaccio al recente libro di Vittorino Andreoli “L’uomo di superficie”, che differenzia quest’ultimo dall’“uomo profondo”. L’uomo di superficie, che sta predominando nella nostra epoca, non ha nulla dentro, perché ha come unici valori il potere e, specialmente, la bellezza.
Quello di superficie è un uomo che manca di profondità, cioè della capacità di conoscere e coltivare il proprio mondo interiore.
L’uomo profondo ha un’anima. L’uomo di superficie è solo involucro e apparenza.

Credo si possa constatare che è di moda proporre il cammino in un ambito salutistico allargato.
Rischia di diventare per il mondo medico, e non solo, quasi una panacea universale.
Giustamente preventivo e terapeutico per la stragrande maggioranza delle patologie da stress della nostra società. Economico, facile da usare, ideologicamente corretto visto che si va a praticarlo nella mitica Natura.
Questo camminare si affianca ad altre attività sportive. Per questo necessita di un adeguato abbigliamento, di metodiche di allenamento particolari, di tabelle con parametri precisi da rispettare (cosa mangiare, quanti km al giorno od all’ora fare ecc). Ed, ovviamente, di istruttori e divulgatori a vario titolo. Perché la pubblicità è l’anima del commercio.

Non ho nulla da obiettare a questo crescente movimento, anzi… viva la cura del corpo… sempre meglio di farmaci ed affini.
Mi limito, dall’alto dei miei anni e della mia esperienza, ad osservare che di moda si tratta, perché tante altre mode ho visto passare sotto i ponti, e tante altre ne arriveranno.
Ahinoi, tutte finalizzate ad un concetto di benessere superficiale, impregnato fino al midollo di consumismo.
Parafrasando il celebre libro di Hilmann “100 anni di psicologia ed il mondo va sempre peggio”, mi vien da dire “10, 100, 1000 ricette per essere tutti belli e sani e l’uomo contemporaneo è sempre più in crisi”.
Non è purtroppo solo una valutazione sociologica o psicologica. Mai è esistita una società più ricca della nostra, eppure malattie sempre più gravi sono in costante aumento.
Sorvolando qui sulla contemporanea distruzione dell’ambiente, che va di pari passo al riempirci la bocca di parole inneggianti al naturale.
Si è affermato l’uomo di superficie, appunto.
Il saggio Andreoli lo chiama Homo stupidus stupidus.

Io non sono però pessimista, nella misura in cui mi accorgo che esistono anticorpi.
Si sta infatti diffondendo, anche se ancora largamente minoritaria, una mentalità differente, che va a mettere in discussione i paradigmi culturali dominanti.
È qui che entra in gioco l’uomo profondo.
L’uomo che faticosamente torna ad interrogarsi sul senso del proprio esistere.
È in questo ambito che un numero crescente di persone sta riscoprendo il cammino lento e consapevole. Che viene chiamato per l’appunto “deep walking”, cammino profondo.
Questo non è moda, anche perché banalmente non basta propagandarlo.
Al contrario, la profondità è esperienziale, necessita silenzio, concentrazione, volontà, addirittura contemplazione. L’apertura alla dimensione filosofica e spirituale.
Questo tipo di cammino può diventare educativo, un veicolo per aiutare ognuno di noi a rientrare in contatto con le proprie componenti più autentiche.

È l’intento con cui lo facciamo che ci farà scegliere il cammino superficiale o quello profondo.
Credo che se abbiamo chiare le differenze fra l’uno e l’altro, per tanti di noi sarà più semplice fare la scelta giusta.

Guido    Ulula alla Luna