Il Festival della Viandanza (la festa della leggerezza)

Ultimamente mi capita di incontrare degli amici poeti, o scrittori, o critici, e sentirmi fare questa domanda: “Come va con i tuoi cammini? (pausa) Ma scrivi ancora?”. È una domanda buffa, alla quale non rispondo come vorrei (prima o poi ce la farò, spero). Dentro di me penso: oh, ma se io, invece di andarmene per settimane a camminare, me ne andassi in giro per il mondo in aereo e in treno, come un qualunque (compulsivo) viaggiatore contemporaneo, mi chiederebbero la stessa cosa? Se mi dedicassi alla cura del mio giardino, o a raccogliere funghi nei boschi, o a guardare centinaia di film (come facevo un tempo), mi chiederebbero la stessa cosa? Vorrei dire loro, ad esempio, che non ho mai avuto così tanto tempo per pensare, per lavorare sulle parole e sui ritmi, per far crescere in me la voglia di conoscere e di leggere, come da quando il cammino ha iniziato a far parte prepotentemente (ad impossessarsi) della mia vita. Direi loro che William Wordsworth ha percorso a piedi – parola di De Quincey – più di 300mila km a piedi, che i suoi passi erano il suo metronomo, che componeva camminando. E direi loro che mi sento più poeta ora, perché mi prendo meno sul serio, perché mi concentro con più attenzione sul respiro, perché nella marcia l’io viene fatto a pezzi (ma mai abbastanza), perché la poesia mi pare ancora più necessaria (e se non fosse necessaria, molto semplicemente: non sarebbe).

Luigi Nacci
25 maggio 2013

Ecco, cari amici che attendete una risposta compiuta, venite al Festival della Viandanza. La risposta forse no, ma di sicuro all’ombra di qualche ulivo troverete nuove domande, dubbi, forse silenzi, una discreta dose di leggerezza.

Fonte: luignacci - poetry, walks and other little things

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