Intervista a Luca Gianotti: lo zen e l’arte di camminare

Intervista di Lia del Fabro (Wise Society)

Luca Gianotti è persona schiva e profonda che ha fatto dell’arte del camminare, come la chiama lui, la sua ragione di vita. Nato a Modena, oggi vive in un casale tra i monti d’Abruzzo vicino ad Avezzano, dove organizza trekking con gli asini e dà ospitalità (Casale le Crete, Tagliacozzo).

Da sempre appassionato di montagna, guida Cai e alpinista di una certa esperienza con all’attivo spedizioni importanti in Islanda e in Kazakistan, da qualche anno si dedica ai temi del camminare fatto in modo consapevole, e al cammino profondo o deep walking, pratica ideata dopo anni di approfondimenti, studi, esperienze e forse complice anche una laurea in filosofia. È tra i fondatori della Compagnia dei Cammini di cui è anche guida.

Nel luglio 2011 ha pubblicato con l’editore Ediciclo il libro L’arte del camminare. Consigli per partire con il piede giusto scritto con linguaggio sobrio e accattivante che vuole essere un piccolo manuale zen per camminatori esperti e non, dove si riflette sull’essere viaggiatori oggi.

Lia del Fabro: Che senso ha proporre oggi il viaggiare con lentezza?

Luca Gianotti: Camminare è un gesto rivoluzionario e controcorrente in una mondo stressante che va sempre di corsa. E va riscuotendo sempre maggior interesse, specie tra persone che sentono l’esigenza del contatto con la natura, perché soddisfa dei nostri bisogni profondi. Non a caso i più sensibili sono proprio le persone che vivono in grandi città e hanno bisogno di rallentare il loro stile di vita. Per questo si parla con sempre maggiore insistenza di fenomeni che si chiamano slow food o slow travel. Più in generale si tratta dello stesso concetto economico di decrescita, di cui si discute molto in questo periodo, come antidoto a un sistema che ha accelerato troppo e che ora vuole rallentare.

 Lia del Fabro: A cosa fa riferimento quando parla dell’arte del camminare con consapevolezza?

 Luca Gianotti: Camminare è il modo di viaggiare più sano e più attento che esista all’incontro con il prossimo, in sintonia con i ritmi naturali e antichi dell’uomo. Camminare consente di capire se stessi utilizzando proprio il cammino per riflettere sulla propria situazione, per guardarsi dentro, fino a diventare uno strumento potente di meditazione. L’ho chiamata l’“arte del camminare” perché, per me, è come una delle tante discipline orientali che consentono di concentrarsi su se stessi e sulla propria presenza mentale. Ma a questo ci si arriva gradualmente, dopo un lungo processo, iniziando pian piano a camminare in modo itinerante per un periodo che deve per forza coprire più giorni, riflettendo prima di tutto sulle conseguenze fisiche, sullo stare bene nel proprio corpo. Il passaggio di qualità avviene quando ci si rende conto delle potenzialità di questo atto – nuovo rispetto a passeggiate ed escursioni brevi a cui siamo abituati – in particolare nelle fasi di crisi della vita in cui andare avanti con le proprie gambe diventa strumento di trasformazione, momento di rinascita, superamento delle difficoltà… perdersi per ritrovarsi. Tutto questo fa del cammino un’esperienza molto profonda.

 Lia del Fabro: Ci dice anche qualcosa in più sulla sua idea di deep walking?

 Luca Gianotti: È un approccio, un ulteriore passaggio del viaggiare camminando, che consente di provare semplici pratiche di meditazione. Lo propongo in viaggi non estremi: non si tratta di ritiri e neppure un’immersione pesante nella spiritualità, ma durante il percorso si accentuano e si valorizzano alcuni aspetti che ho prima accennato, portandoli a una maggiore consapevolezza. La mattina si possono eseguire esercizi di Qi Gong con il bastone per aprirsi e concentrarsi sul cammino da fare e, durante la giornata, si trovano piccoli momenti di meditazione mutuandola dal buddismo zen secondo due insegnamenti, quello del maestro zen vietnamita tra i più importanti al mondo, Thich Nhat Hanh, che ha proposto la meditazione-camminata, e quello sperimentato dagli sciamani del Messico di cui ha parlato Carlos Castaneda. I nostri esercizi però sono a livelli più semplici. Per fare un esempio le camminate sono fatte in silenzio, portando l’attenzione sulla respirazione, sul corpo, sulla consapevolezza del gesto del camminare, magari scalzi o bendati per consentire una maggiore percezione e di entrare più facilmente in una dimensione di interiorità. A volte non si raggiungono subito dei risultati, perché gli esercizi dovrebbero essere fatti più spesso, ma le persone ne traggono vantaggio ugualmente.

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Redazione CdC
1 December 2011