Viandanza. Il cammino come educazione sentimentale

Un libro che tutti i camminatori dovrebbero leggere. Un libro che tutti i non camminatori dovrebbero leggere. Quali sono i sentimenti che muove il cammino? Luigi Nacci ha scritto un libro di grande spessore, per raccontarli.

Un assaggio, dal primo capitolo, quello sulla paura:

“Stavi per diventare un pellegrino, un forestiero, un clandestino, e ancora: un viandante, colui che va per la via e che dalla via si fa attraversare. E un giorno, forse, saresti diventato un cerimoniere della viandanza, la festa della danza dei piedi e degli sguardi sulla via, della via che si fa danza e della danza che si fa via, una baldoria di umanità, visioni e speranze accessibile a quelli che Ernst Bloch chiamava i “sognatori diurni”. Una festa del sogno ad occhi aperti, nel quale non ci sono malie o allucinazioni, né senso di oppressione, ma castelli in aria che sono veri e propri progetti di una vita migliore per se stessi e per gli altri.”
Luca Gianotti
31 March 2016

È la naturale prosecuzione del libro precedente: Alzati e cammina (Ediciclo 2014). Ma qui la scrittura si fa mite, meno aggressiva, meno imperativa, e i piani del racconto sono molteplici. È un saggio, un racconto, un diario di viaggio, e molto di più. Da una parte si segue un filo narrativo, la storia di una persona qualunque, potresti essere tu che leggi ora, nel suo senso di malessere quotidiano, in lui o lei nasce la voglia di un cambiamento, e scopre il cammino, parte per il primo cammino a Santiago di Compostela e poi per il secondo cammino sulla Via Francigena. E questa educazione al cammino passa attraverso i sentimenti e le emozioni, che sono i capitoli del libro, nell’ordine: la paura, lo stupore, lo spaesamento, la nostalgia, la disillusione, l’allegria, l’arroganza e l’umiltà. Al piano narrativo si aggiungono quindi riflessioni filosofiche, e dietro tutto c’è una forte componente autobiografica. Luigi Nacci da poeta e intellettuale ha scoperto il cammino, e la sua vita non è più stata la stessa.

Leggiamo un altro brano, dal secondo capitolo, quello sullo spaesamento:

“I tuoi non erano più pensieri, ma sogni-pensieri. Li opponevi ai pensieri iper-razionali a cui eri stato obbligato per troppi anni. C’era in te una sorta di sete di infinito. C’era l’avversione per la società della tecnica, delle banche, della speculazione, dell’utile ricercato come una unica via, in cui ciascuno deve avere un ruolo certificato su un documento, una finitezza conclamata che non ha nulla a che fare con il riconoscimento dei propri limiti umani. Non la cella del monaco che si fa piccolo per fendere le strette fessure del suo cielo, ma dell’ergastolano a cui è stata tolta la speranza. Volevi essere lo straniero, l’ebreo errante, il bohémien, il vagabondo, l’anacoreta, il beat, il cavaliere errante, il transumante, l’uccello migratore, il goliardo, il figlio di Dioniso, il chierico vagante, l’emblema della devianza, il ribelle, il transeunte, l’uomo in rivolta, il pellegrino, il viandante […] Ti sentivi fragile e potentissimo.”

Il cammino dunque è simbolo di ribellione, ci si ribella alla società consumistica imparando la sobrietà, togliendo, levando sottraendo dallo zaino tutto ciò che è superfluo. Questo libro ci insegna che avere quanto basta, il minimo indispensabile per vivere, è il segreto della felicità:

“… come lo zaino che portiamo sulle spalle in cammino. Più camminiamo più pensiamo che potremmo alleggerirlo di più, non è vero? E allo stesso tempo ci dimentichiamo di averlo. Né tu né io abbiamo mai pensato che portare poche cose nello zaino fosse il frutto di una rinuncia. Era, più semplicemente, un frutto.”

Per noi è un onore e una gioia avere Luigi Nacci come compagno di viandanza (lui la chiama “compagnanza”) nella Compagnia dei Cammini.

Luigi Nacci – “Viandanza. Il cammino come educazione sentimentale”, Laterza 2016 – 14 euro

Recensione scritta da Luca Gianotti, tratta dalla newsletter il cammino /144

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