Di buon passo nell’Appennino che resiste /11

Continuiamo il racconto di Salvatore Capasso, che è arrivato nel paese della nostra guida Andrea Laurenzano.

Redazione CdC
30 avril 2025

Raggiungo Bova per la vecchia strada di Amendolea: 7 chilometri e 741 metri di dislivello, in alcuni tratti al limite della pedalata. Passo accanto ai ruderi del castello dei Ruffo, che si erge silenzioso con il suo borgo sulla fiumara sottostante, contornato dalle aspre montagne dell’Aspromonte. Costruito nell’XI secolo dai Normanni, saccheggiato più volte dai Saraceni, fu abbandonato definitivamente a seguito del terremoto del 1783.
Bova è la capitale della cultura greca in Calabria. I cartelli stradali sono bilingue: in grecanico e in italiano. Visito il Museo della Lingua Greco-Calabra “Gerhard Rohlfs”, intitolato allo studioso tedesco che, negli anni Venti del Novecento, fu il primo a dimostrare l’origine magno-greca del grecanico, dando vita a un acceso dibattito con numerosi linguisti italiani, i quali ritenevano l’idioma conseguente alla conquista bizantina della Calabria. Anche il regime fascista si infuriò, giudicando la tesi destabilizzante, perché insinuava che l’Impero Romano non fosse stato in grado di latinizzare l’intera Penisola.
La lingua conserva inalterati dorismi risalenti all’VIII secolo a.C., parole andate perdute persino nel greco moderno.
Mi soffermo a leggere una poesia di Mastr’Angelo Maesano, poeta locale vissuto nel secolo scorso a Roghudi Vecchio, oggi divenuta l’inno dei Greci di Calabria: Ela mu kondà. I versi sono una struggente dichiarazione d’amore a una ragazza che viene dalla montagna. Lui la chiama a sé, la invita a stargli accanto:
Ela, ela mu kondà, ti egò imme manachò. Vieni, vienimi vicino, perché io sono solo.
Den thélo de na fáo ce de na pià, na ciumithò methèsu manachò. Non voglio più mangiare né bere, ma solo riposare accanto a te.
Incontro il sindaco Santo Casile nella casa comunale. Biologo in pensione, è al suo terzo mandato e, per i precedenti quindici anni, è stato vicesindaco. Un amministratore longevo come gli abitanti di Bova, alcuni dei quali ultracentenari. Parliamo dello spopolamento avvenuto a seguito delle alluvioni del 1951 e del 1971. Negli anni ’80 Bova ha perso metà della popolazione: da 1.175 abitanti ne sono rimasti 600. Nell’ultimo ventennio la popolazione è stabile sui 450 abitanti, grazie alla presenza di stranieri, soprattutto tedeschi e inglesi. Innamorati di questi luoghi, hanno acquistato e ristrutturato vecchie abitazioni.
La buona politica, perseguita con costanza e determinazione negli ultimi anni, e una fattiva collaborazione da parte dei cittadini hanno dato buoni risultati. Il paese è animato, la gente è felice, ti sorride quando passi e ti accoglie.
La filoxenia dei Greci. Filoxenia è anche il nome del progetto, finanziato dalla Regione per 1,5 milioni di euro, dedicato al turismo e all’ospitalità. Le cooperative Naturaliter e San Leo sono state decisive per il rilancio di Bova e per l’occupazione giovanile. La filiera funziona. Della SNAI, purtroppo, non c’è traccia.
Il sindaco, nell’augurarmi buon viaggio e parlando in grecanico, mi saluta così: «Pínnome to crasì, stinighía olò», che vuol dire, tradotto in italiano: «Beviamo questo vino, alla salute di tutti noi».
L’Appennino che crede nel futuro.
Salvatore Capasso