Il grado di wilderness

Non siamo esseri né individuali, né individuati.
L’individualismo è un’invenzione del patriarcato, finalizzata a giustificare la diversità fra gli umani e, di conseguenza, la legittimazione di ricchezza e potere. Ben lo spiegano i sociologi americani che affermano che siamo educati all’individualismo perché… da soli soffriamo. I mammiferi sono una specie geneticamente affettiva, programmata per aiutarsi reciprocamente. Il pensare e il volere farcela senza l’aiuto degli altri, sta portando al dilagare di uno dei più gravi problemi della nostra civiltà, la solitudine, che è poi alla base di tante depressioni e infelicità. Ed è qui l’uovo di Colombo che gli studiosi sottolineano: una persona da sola, triste, è la preda perfetta del consumismo. E noi siamo la società dei consumi. E noi siamo una società malata. Nel matriarcato, nelle popolazioni primitive e, come fenomeno marginale, in comunità residuali, ad esempio nei piccoli paesi, si coltiva ancora il senso di appartenenza al gruppo, già di per sé fonte di sicurezza e gioia di vivere.
Il risuonare emozionale, su base empatica, fra una persona e un’altra, con cui vi sia amicizia o amore, o altre persone, con cui si entra in sintonia di intenti, fa scattare qualcosa di profondamente selvatico, che io definisco grado di wilderness, in questo caso relazionale.
Lo stesso può accadere nel confronto fra noi e la natura. La fisica moderna ha dimostrato che un oggetto che appare ben individuato, in realtà non è diviso dal resto che lo circonda. La materia è solo uno stato transitorio, che ridiventa energia, e poi di nuovo materia, in un equilibrio instabile e dinamico. Se noi acquisissimo la cultura, nuovi occhiali, di questo stato esistenziale, invece di illuderci di essere staccati e, addirittura, di poter controllare e dominare lo spazio e il tempo in cui siamo immersi, riusciremmo più facilmente a vibrare col mondo, a sentirci vivi nel mondo, ad appartenere al mondo. Anche qui definisco grado di wilderness, in questo caso ambientale, questo sentimento. E credo fermamente che il nostro benessere dipenda da quanto riusciamo a cercare e coltivare questo sentirci parte del Tutto.

Potremmo educarci a perseguire la selvaticità come modo sano di stare al mondo.
In questa direzione, saper valutare con un grado di wilderness (ad esempio da uno a dieci, come si fa per descrivere l’intensità di un dolore che proviamo), le esperienze che facciamo, sia in ambito di relazioni umane e sia in quello di relazione con l’ambiente, può meglio indirizzarci su ciò che vale la pena fare e ciò che no. È vero che la felicità è un fattore molto soggettivo, ma è ben diverso adottare sistematicamente, ad esempio in ambito educativo, il metodo conviviale, invece della consueta lezione cattedratica. La convivialità è inclusiva e permette a tutti di partecipare attivamente al processo di apprendimento; viceversa una lezione dall’alto, foss’anche con le apparentemente democratiche tecnologie virtuali, è esclusiva, noiosa, autoritaria, e tutti sappiamo quanto ostacola la voglia di imparare. È anche ben diverso sapere che è col cammino consapevole che otteniamo attimi indimenticabili di fusione con la natura, invece di un atteggiamento invadente, dominante, teso al controllo delle situazioni e del territorio che si vanno ad attraversare. Prestare attenzione al grado di wilderness aumenta il nostro empowerment, cioè il saper tenere le redini in mano del nostro destino.

Mi domando… quanto faccio, quanto facciamo, ora, tutti i giorni, per star bene con noi stessi, per essere in sintonia con la nostra vera natura e talento e desideri; per cercare di star bene con gli altri, smettendo di sperare che l’armonia, l’amore e la pace siano un diritto e ci vengano donati senza un duro lavoro quotidiano; per impegnarci a salvare il nostro pianeta dalla cieca distruttività che spesso usiamo senza nulla chiederci, e costruire bellezza, in una logica di rispetto col resto della natura?
Cosa aspetto, cosa aspettiamo, ora, tutti i giorni, a usare i gradi di wilderness che possediamo, a mettere in gioco veramente tutte le nostre energie?
Cosa aspetto, cosa aspettiamo, ora, tutti i giorni a vivere con cura?

Guido Ulula alla Luna

11 dicembre 2014