Racconti dal Marocco: Le dieci e una notte

(Liberamente tratto da una storia vera di una compagnia di artisti nel deserto).
Hanno inizio in un tempo lontano le vicende dei nostri dieci artisti che volevano portare una ventata di calore e allegria anche ai cuori più tristi.
Sebbene non fossero tra loro amici iniziarono il cammino speranzosi come tamerici, ognuno forte e indipendente con una vita ricca di tutto e ricca di niente. Il deserto li ha visti in cammino pronti a dar spettacolo con un repertorio canterino... ma ahimè la sabbia serbava per loro non una tournée trionfale, ma vesciche, tosse e congestione nasale. Per fortuna a risolvere le sorti dei dieci camminatori mezzi morti ci pensarono i pasti sempre abbondanti, conditi dai formaggini della vache qui rit e dai preziosi datteri di Said che la mattina facevano in un attimo dimenticare il freddo della notte e degli orchi il continuo russare.
Per continuare a parlare di alimenti la dolce luisa qui va nominata, bevanda che chiudeva il pasto della serata, sistemando nello stomaco le varie pietanze prima del ritiro nelle nostre stanze, andando a digerire le indimenticabili tajine tra un sogno del Marabutto e l’apparizione di un Jinn.
Anche l’harissa ci fu servita per solleticare le corde vocali, ma solo pochi temerari ne consumarono a quintali.
Gli effetti del cibo sulla truppa furono diversi ma nessuno si risparmiò l’ebbrezza dei gabinetti sotto cieli tersi, senza porte né sciacquone... bagni di ogni foggia e per ogni occasione. Sebbene ora Foggia sia stata citata, è da un barese che la compagnia fu deliziata, dalle sue urla al tramonto, agli sfottò di cui abbiamo perso il conto, spesso inceneriti già al loro nascere come idea dallo sghignazzo della dama terminator di Ivrea.
Tra gli artisti in cammino anche una ligure robottino, dolce e silenziosa presenza di prima mattina ma all’occorrenza accessoriata infermiera. Poi una coppia di veneto/toscani, premurosi e dai sorrisi elargiti a piene mani. E ancora un curioso, bonario e intraprendente torinese, trasformabile all’occorrenza in uomo bionico dotato di solare arnese. Più numerose nel gruppo le donzelle, due tra loro con le gambe da gazzelle, una rossa e bolzanina, l’altra mora e vicentina. Io che narro sta novella lascio a voi dire se son più buona oppure bella.
Ma una guida dolce, saggia e un pò misteriosa ci ha svelato del Marocco aneddoti a iosa. Facendoci ascoltare prima della buonanotte storie di ricchi sultani e scaltre giovanotte. E così abbiamo imparato che il deserto è popolato di molte presenze: corvi, topolini, e anche credenze. Lungo le piste tracciate dal vento anche in noi ha preso vita il cambiamento. La dura e semplice vita dei cammellieri è stata spunto di domande e di pensieri. Uomini berberi che arrivavano a Timbuctù attraversando il Sahara in 50 giorni o poco più. Hanno mani e piedi dal freddo e dal caldo temprati, dal ritmo di improvvisati tamburi sono sempre accompagnati. Sanno cuocere il pane sulla sabbia e vivono come uccelli senza gabbia. I loro canti intensi e melodiosi ci hanno fatto capire che forse come cantanti siamo un pò pietosi e così mestamente il nostro repertorio a Capodanno abbiamo messo via, per concludere o forse no la nostra storia come artistica compagnia, noi che per dieci giorni abbiamo camminato dal sorgere del sole a pomeriggio inoltrato centellinando per lavarci secchielli di acqua salmastra e imparando che qui
... per aspera ad astra!

(Samuela Turchet)
Cammino Capodanno nel Sahara con le carovane nomadi"

"
Redazione CdC
21 febbraio 2019