Ho aperto gli occhi

Il prelude del Tristano e Isolde di Wagner stava accennando ad entrare sul mio giradischi che da giorni suonava oramai continuativamente dopo un lungo periodo di inattività. Era bello prendersi del tempo per ritrovare le vecchie cose; le foto scattate con le macchine fotografiche con il rullino, libri letti e riletti ma che non si stancano mai di tornare anche solo per quella singola pagina, i vecchi dischi con le loro indimenticabili copertine, seduto sul divano ad ascoltare, prendersi tempo… Ho chiuso gli occhi.

Davanti a me la parete con il camino a lato e la grande finestra che porta luce nella stanza, dietro di me la grande libreria con i libri che sono più cari, quelli che non mi piacciono preferisco donarli alla biblioteca del circolo ARCI del paese dove vivo, sopra di me il soffitto con le vecchie travi che lo sorreggono e svariate ragnatele tessute da piccoli ragni, il soffitto è molto alto e non riesco a pulirlo e comunque quegli animaletti vivono qui da più tempo di me. Ma sono le due pareti laterali che non ci sono più e quello che prima era un muro adesso si apre all’esterno regalando a me un’immagine inedita; mi sono alzato e mi sono diretto verso quella ampia apertura che avevo sulla sinistra.

L’aria era pulita, la luce limpida e piena di speranza, le persone si incontravano e si sorridevano dandosi il buongiorno e tutti avevamo cominciato a nutrirci con prodotti certificati e che garantiscono una provenienza e una gestione sostenibile, avevamo cominciato a regolare il nostro scaldarci a temperature più basse, anche di un solo grado, che è sufficiente per ridurre considerevolmente le emissioni di anidride carbonica in atmosfera. Avevamo ridotto all’essenziale l’utilizzo dell’acqua potabile, eravamo tornati a viaggiare scegliendo vacanze a minore impatto ambientale, riducendo l’uso dell’aereo solo quando era veramente necessario. I politici che ci governavano avevano cominciato ad attuare programmi a lungo termine per la salvaguardia dell’ambiente, creando nuove aree protette e sostenendo quelle già esistenti, sviluppando politiche economiche per la riduzione delle emissioni di CO2, dell’inquinamento e del consumo del suolo pubblico. Le scuole avevano inserito all’interno dei loro programmi l’educazione ambientale come materia equiparata allo studio della nostra grammatica, della storia e della matematica e si erano aumentati i fondi per la ricerca perché più consapevoli che il nostro futuro, quello di tutti, sarebbe stato migliore se l’investimento del paese sarebbe stato diretto all’educazione ed alla ricerca scientifica. Avevamo cominciato a convivere armonicamente con le altre specie animali e a rispettare i loro habitat così come avevamo rispetto della nostra casa e dei nostri cari… Un tiepido sollievo mi portava a rientrare all’interno di quella mia casa e ad andare a vedere l’altro varco che si era aperto al posto del muro che era alla mia destra e affacciarmi.

Era il mondo “normale” quello dove “andava tutto bene” e che era prima. Era quel mondo dove l’uomo ha innescato un processo di riscaldamento globale che è aumentato del 250% negli ultimi quarant’anni causando una considerevole diminuzione delle precipitazioni, la scomparsa di circa tre milioni di chilometri quadrati di ghiacciai nell’artico e il conseguente innalzamento del livello dei mari che ha divorato le coste del mondo. Il “mondo normale” aveva causato l’estinzione di migliaia di specie tra vertebrati, invertebrati e vegetali, aveva distrutto foreste per espandere il suo cemento, per coltivare un unico seme che poi non sarebbe neanche servito per sfamare la popolazione mondiale, per utilizzare il legno. Quel “mondo normale” che utilizzava oltre 200 litri di acqua pro capite al giorno incurante che migliaia di altre persone e animali muoiono tutti i giorni a causa della siccità, che inquinava con i suoi reflui non depurati i fiumi e i mari, che spargeva tonnellate di veleni come pesticidi, erbicidi e fertilizzanti chimici per coltivare quelle stesse verdure che poi troviamo nel nostro piatto, che allevava animali chiusi in gabbie dove passeranno tutta l’intera vita senza poter camminare ma solo per ingozzarsi e ingrassare velocemente ed essere venduti come cibo a basso costo. Quel “mondo normale” dove la politica investiva sui confini erigendo muri, talvolta invisibili, per salvaguardare le proprie patrie nazionali, quel “mondo normale” dove istruzione e ricerca erano sotto finanziati tanto che le migliori menti ed i migliori insegnanti avevano portato il loro sapere altrove, la fiducia verso il prossimo era stata sostituita dalla paura del diverso che aveva spinto le masse ad acquistare armi per difesa personale. Ho riaperto gli occhi…

Il Tristano e Isolde di Wagner stava volgendo al suo apice e la stanza si riempiva di quei suoni che mi avvolgevano irruentemente, ma ero sollevato per essermi svegliato. Davanti a me la solita parete con il camino e l’ampia finestra, dietro di me la grande libreria e in alto il soffitto con le vecchie travi. Mi voltai a destra e lì dove prima vi era un ampio varco era tornato il muro, uno di quelli di campagna, massicci e solidi; poi verso sinistra, anche lì era tornato il muro che, a differenza di quello di destra, mostrava la porta che si affacciava sul campo degli ulivi. Uscii fuori e feci un respiro profondo; tutto era fermo, nessuna macchina si vedeva sulle strade, nessuno camminava e un inedito silenzio era nell’aria; il momento di stasi che precede il mutamento delle cose. Cominciai così a immaginare il cambiamento, quel “mondo normale” che volge verso l’altro varco, quello di sinistra, quello del sogno… E mentre i miei pensieri fluttuavano negli spazi labirintici della mia immaginazione fui interrotto da un rumore, come un inciampare ritmico… Riaprii nuovamente gli occhi…

Era il rumore della testina del giradischi che oramai era arrivata all’ultimo solco del disco e si ripeteva ritmicamente con quel suono secco… È stato solo allora che mi sono accorto di aver sognato di sognare…

Micha Calà

Micha Calà
7 aprile 2020