I sogni del marabutto e altre sei cose che ti cambiano la vita

Nel viaggio “L’oceano e le rosse colline dell’argan”

Redazione CdC
28 luglio 2015
  1. Tè alla menta, tappeti, cuscini e chiacchiere.

    Le case berbere, con le pareti bianche e le porte coloratissime, e l’ospitalità delle persone davanti a un tè alla menta, il loro pane appena sfornato, olio di oliva e di argan, miele e marmellata.

    Said, la nostra guida locale, bussava alle porte delle case. Voi ospitereste a casa vostra 12 persone che si presentano alla porta senza preavviso? Le donne con gli occhi grandi ci aprivano, ci facevano sedere su tappeti e cuscini, e ci portavano il tè alla menta sui tavolini bassi.

    Io non potrei ospitare 12 persone nel mio salotto, ho pensato: non ho spazio. Invece al mio ritorno a Milano ho guardato la stanza e ho scoperto che se togliessi tavolo, sedie e divano potrei, sì, anche qualcuna di più.

  1. Fatica, che ti fa apprezzare Bellezza.

    Non sono una camminatrice, è stato il mio primo viaggio a piedi e i miei piedi hanno reagito con le bolle. Istintivamente camminavo poggiandomi in modo da evitare il dolore nel punto delle bolle, e me ne creavo un altro nel punto opposto dell’altro piede.

    Ho visto che i miei compagni di viaggio, più esperti di me, sapevano prevenire le vesciche e si fasciavano, prima di partire, le zone più delicate.

    È stato faticoso. Ho scoperto che il dolore si supera. Respirando e concentrandosi su altro: un’inaspettata distesa di fiori spontanei, una serie di barche di legno sull’azzurro, in attesa di uscire in mare, lunghissime spiagge deserte.

    L’oceano sempre incazzoso e spumeggiante, il vento ti frena nei tratti di cammino in salita, il terreno in alcuni punti è sassoso e dà fastidio sotto la pianta del piede, in altri è sabbia morbida e bagnata, in cui non si affonda e si cammina facile, spediti.

  1. Non calpestate lo stercorario!

    A un certo punto del cammino Marina, la nostra guida italiana, si è fermata a proteggere uno stercorario dai nostri scarponi da trekking. Attraversava il sentiero, trasportando una palla di cacca molto più grande di lui.

    I dromedari, la tartaruga sotto il tappeto, lo scorpione, le mucche in riva al mare, il camaleonte, le capre sugli alberi di argan, i cani e i gattini rognosi.

    I miei compagni di viaggio li hanno fotografati tutti, insieme a alberi, cespugli, orizzonti, noi.

  1. Tutto il giorno all’aria aperta.

    Avete mai contato tutto il tempo che passiamo chiusi dentro casa, ufficio, palestre, negozi? Una volta tornata a Milano mi sono dovuta abituare a stare dentro: vivere all’aperto crea dipendenza e ti incolla il sorriso sulla faccia. È strano stare al chiuso.

  1. La doccia al fiume dopo giorni che non ti lavi.

    È la sensazione di freschezza che ti promettono gli spot pubblicitari del bagnoschiuma, del tè freddo, dei salvaslip o dei chewing gum alla menta.

    Dopo un po’ di giorni con la sabbia in testa, il mix vischioso di creme solari e acqua salata sulla pelle, scopri che una doccia al fiume con sapone di marsiglia è il lusso più autentico che possa esistere.

  2. La Fantasia: è un rito, una festa, in cui i guerrieri berberi a cavallo simulano un combattimento. A me è piaciuta? No! Ho avuto paura, detesto le armi e non amo vedere un assalto di cavalli che si fermano a tre metri dalla mia sedia. I miei compagni di viaggio invece erano felicissimi dell’evento.

  1. I sogni del marabutto.

    Ho preso un pietra dalla tomba del marabutto, gli ho rivolto la mia domanda, ho dormito in tenda con la pietra accanto a me e il giorno dopo l’ho riportata sulla tomba, ringraziandolo.

    Quando le donne berbere hanno una domanda importante per la loro vita trascorrono una notte nel marabutto per trovare la risposta in sogno, oppure prendono una pietra.
    Il marabutto è un santo della religione islamica e per estensione anche il luogo in cui c’è la sua tomba, una costruzione dove si va a pregare: in pietra, vista mare, silenzioso, isolato e tranquillo.

    I miei sogni di quella notte non li ricordo tutti, ma mi sono resa conto delle risposte che volevo. E quindi me le sono date, le risposte, o me le ha date il marabutto.

Al ritorno dal viaggio non ho tolto i mobili dal mio salotto, mi sono dimessa dal lavoro in ufficio, cammino all’aria aperta almeno un’ora al giorno, mangio zenzero candito e scrivo.

Francesca Finarelli

Scheda del viaggio: L’oceano e le rosse colline dell’argan