[L’opinione di Guido] La saggezza dell’idraulico e il progetto cuori

Qualche giorno fa il mio idraulico, uscendo di casa dopo aver fatto il suo bravo lavoro sul solito vecchio lavandino, con la mascherina sbilenca ed ancora tutto sudato dalla faticaccia, sapendo che sono medico, ci ha tenuto a dirmi la sua opinione sulla pandemia da coronavirus. Già altre volte mi aveva stupito per la sua saggezza diciamo popolare, ma stavolta si è superato. “È perché ci siamo indeboliti…”- Gli ho sorriso, accennando che ero perfettamente d’accordo con lui. Chi lavora con le mani mantiene il buon senso. E non si fa incantare come i, purtroppo tanti, che pendono dalle parole debordanti e ondivaghe che i mezzi di comunicazione, alias indottrinamento, ci rovesciano sulla testa a ritmo continuo. Ma fessi noi che li stiamo ancora ad ascoltare. Sì, quando un virus ha la capacità di superare le nostre difese immunitarie a livelli epidemici così rilevanti, sia come letalità e sia come quantità planetaria di popolazione interessata, è banalmente perché come razza umana in questa fase storica ci siamo indeboliti. La domanda corretta allora è… ma perché ci siamo tanto indeboliti?

È come per la spagnola, 20 milioni di morti, che è stata l’esito delle devastazioni seguenti la prima guerra mondiale? In quel caso fu facile capire le coincidenze. Il che non ha impedito pochi decenni dopo di ripeterne gli orrori con la seconda guerra mondiale, se possibile ancora più autodistruttiva. E oggi? Non ho certo io la verità in tasca. L’unica certezza, come ci ricorda il saggio idraulico, è che ci stiamo indebolendo. Non mancano certo le ipotesi. Dal cambiamento climatico all’inquinamento, dal tipo di vita altamente stressante alla sovrappopolazione e all’invecchiamento. Per non parlare dello stretto legame fra corsa al denaro, col denaro in testa come unico vero valore della nostra società capitalistica, e le crisi economiche e la depressione e solitudine esistenziale dilagante. Prima vengono le nostre paure, insicurezze, i malesseri e l’infelicità che ci attraversano e lacerano nel profondo, un disorientamento del senso di vivere, e poi, come conseguenza, il virus, la malattia, la morte. E non viceversa. Con il virologo, che fa il suo onesto lavoro di ottuso iperspecialista, che non sa e a cui non interessa la complessità dell’essere umano e le contraddizioni della civiltà che ha messo in piedi, che dà l’unica colpa al virus di turno e a come poterlo sconfiggere. La peste è dentro di noi. O lo andiamo a capire il perché ci siamo tanto indeboliti o faremo una ossessiva e sterile caccia all’untore.

8 settembre 2020

Da alcuni anni, non meno di dieci direi, assieme alla riscoperta di un bisogno viscerale di natura e al metterlo in atto praticando quotidianamente l’arte del cammino, ho cominciato, prima istintivamente e via via con sempre maggior consapevolezza, ad accompagnare i miei passi con un gesto. Disegnare e costruire cuori. Una specie di land art. Ovunque, ma solo in ambiente naturale, mai imbrattando i muri delle città, né usando materiali diversi da quelli incontrati sulla strada, ho tracciato sui massi il simbolo del cuore, ho intrecciato con erbe e rami e fiori il simbolo del cuore, ho costruito con sassi, conchiglie, frutti e ogni tipo di materiale centinaia e centinaia di simboli del cuore. L’ho anche chiamato “cammino romantico”. Avendo però chiaro che non stavo solo propagandando la bellezza dell’amore fra le persone, che tanto benessere ci dà vista la nostra sostanziale base affettiva, ma avevo l’intento, la presunzione se volete, di contrapporre il simbolo cuore al simbolo denaro. Una specie di “progetto cuore”, in cui clandestinamente il mio graffite doveva e poteva incontrare il sentire di un suo simile. Come intessere una trama dal basso. Il porci individualmente e intimamente la domanda su cos’è che veramente conta per noi. Il denaro o il cuore? Dietro c’è l’ambizione di contribuire a un cambio epocale della mentalità di noi esseri umani contemporanei. Un cambio epocale di paradigma, quello che Jeremy Rifkin ha definito “civiltà dell’empatia”, che a mio modestissimo parere è l’unica risposta alla domanda che il saggio idraulico pone. Col denaro in testa l’umanità si snatura. O ritroviamo collettivamente il “chi siamo”, ed è scientificamente provato che siamo specie empatica, o rischiamo l’estinzione, che sia per i cambiamenti climatici da noi stessi prodotti e che rendono il pianeta invivibile o che sia per uno stupidissimo virus.

Mi chiedo e vi chiedo, con particolare riferimento ai compagni di cammino, perché non lo facciamo tutti insieme questo gesto del diffondere il simbolo del cuore? Così facendo ricordiamo a noi stessi che è nelle scelte di tutti i giorni che portiamo reale cambiamento al mondo che non ci piace. Così facendo possiamo agire la speranza di superare l’individualismo e tornare ad essere comunità, unita da un semplice e chiaro desiderio. Così facendo torniamo a fare politica, che è prenderci cura delle cose della polis, di tutti noi, ed avere un simbolo comprensibile e unificante ci fa riconoscere fra noi e ci dà coraggio. E il coraggio, rammentiamolo, è agire con il cuore.

Guido Ghidorzi