[L’opinione di Guido] Qualche idea per un’ecologia vincente

Perché il movimento ambientalista non ha l’ampio consenso, il voto, della maggioranza della popolazione, in sede locale, nazionale e mondiale? È una domanda cruciale, visto che solo la consapevolezza delle forze politiche democraticamente elette può imprimere quell’accelerazione di scelte radicali che con urgenza vengono reclamate da un quasi unanime mondo scientifico, per salvarci da un’antropocene distruttivo. La ragionevolezza delle argomentazioni scientifiche non smuove le nostre coscienze. Non ci terrorizzano, fino a spingerci al punto di un poderoso impegno, i dati catastrofici del cambiamento climatico, dell’inquinamento, della sovrappopolazione, della carenza idrica, delle disuguaglianze economiche crescenti, della fame, delle guerre… ed ora anche delle pandemie. Sordi, alle 7 piaghe d’Egitto contemporanee. Non ci toccano il cuore, non ci sollecitano la forza della disperazione.

Secondo me la causa di questa schizofrenia fra inequivocabili segnali di allarme e la nostra percezione di essi, sta nell’avere disgiunto l’ecologia dell’ambiente dall’ecologia della mente.

Mi spiego con un esempio concreto del mio vissuto. In tanti anni di attività di psicoterapeuta ho raccolto migliaia di sogni. Non uno parlava dei disastri ambientali così palesi agli occhi di ognuno di noi. Tutti parlavano del nostro mondo affettivo, dei conflitti in questo campo della personalità.

Il motivo è semplice: Siamo mammiferi e il nostro nucleo fondativi centrale è l’empatia, che le neuroscienze hanno collocato nelle cellule specchio del cervello. Solo il relazionarci con l’altro, dall’attaccamento primario infantile alla madre e via via con tutti gli incontri della nostra vita, costruisce un equilibrio sano, ci permette di essere felici. Parlare esclusivamente alla ragione con le notizie sull’ambiente non è sufficiente, occorre parlare alla nostra componente emozionale. Un bravo insegnante coinvolge i suoi studenti se unisce alle nozioni la capacità di incuriosirli e catturarli emotivamente. Riflettere oggi sull’ecologia della mente vuol dire prendere atto che la nostra società consumista, tecnologica e digitale sta creando un deserto di solitudini, e quindi di depressione. Abbiamo il denaro in testa e il cuore sempre più arido. Un progetto ambientalista deve farsi carico di questo aspetto. I prossimi turni elettorali ci chiamano a colmare questo vuoto. Occorre inserire in un programma necessario e credibile tutta una serie di misure che facciano crescere il nostro tasso di convivialità, unica terapia all’individualismo dilagante. Faccio notare che in qualche modo, magari grezzo, i vari populismi sanno meglio comunicare a questa pancia sofferente, piena di cibo spesso spazzatura e di TV ma povera di speranza, piena di rabbia ma priva di spirito solidale. Qualche esempio. I bambini vanno cresciuti con altri bambini: servono spazi fruibili da tutti in ogni quartiere, ludoteche ovunque, genitori e volontari che le animano. E gli anziani? Soli o con la badante o in una casa di riposo, dove poi vengono falcidiati da un virus qualunque, in un’orrenda lontananza da persone e luoghi cari. No, serve coltivare filos, momenti conviviali, in ogni cortile, realizzare co housing, organizzare badanti di condominio. E che dire della mancanza di luoghi di aggregazione giovanile? Sappiamo bene chi sono gli unici che ci guadagnano, le multinazionali del settore, da un abuso di internet. Più sociale e meno virtuale: le scuole vanno tenute aperte, o cresceremo una generazione di hikikomori, cretini telematici, ognuno barricato nella propria camera davanti a uno schermo, con l’illusione di essere in contatto e di controllare il mondo, ed essere in realtà insicuri e dipendenti oggetti in balia di chiunque voglia manovrarli. Dobbiamo investire sulla sussidiarietà, che è la responsabilizzazione di tutti i cittadini su ogni aspetto della vita pubblica. Ci aspettiamo la pappa pronta dalle istituzioni, ormai allo stremo di risorse, e non muoviamo un dito per i molteplici problemi di manutenzione dei beni comuni.

Un discorso ecologico convincente, e vincente, sa tessere relazioni sociali, sa che ogni vita è preziosa e va aiutata ad aprirsi agli altri. Dobbiamo saper sollecitare la nostra innata natura di essere forza collettiva. Un “tutti insieme possiamo farcela”. Un “siamo tutti sulla stessa barca” e questa barca si chiama Pianeta Terra. Un’ultima considerazione. Ci serve anche un’ecologia della politica.

D’accordo, ci sono forze sociali e politiche contrarie al cambiamento verde: sono quelli che sostengono le vecchie fonti energetiche al pari delle vecchie divisioni in classi dentro la società.

Non sono però la maggioranza. A meno che… i movimenti che guardano al futuro e al nuovo continuino a litigare fra loro. È francamente uno spettacolo penoso vedere gruppi e partitini, che nella sostanza dicono le stesse cose, dividersi e scontrarsi per narcisismi variamente assortiti o miseri calcoli di parrocchia. Basta! Se non si è capaci di empatizzare fra chi la pensa allo stesso modo, che pretesa possiamo avere di mobilitare tutti perché “la nostra casa brucia”?

Guido Ghidorzi

25 settembre 2020